Il nostro ordinamento giuridico da tempo si occupa della tutela dei minori dalla e nella pubblicità.
Già l’art. 14 l. 8 febbraio 1948, n. 47, contenente le disposizioni sulla stampa, prevedeva l’applicazione dell’art. 528 c.p. (pubblicazioni e spettacoli osceni) anche per il caso delle pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti, quando fossero idonee ad offendere il loro sentimento morale o a costituire incitamento alla corruzione, al delitto o al suicidio.
Dal canto suo, la l. 12 dicembre 1960, n. 1591, riguardante le affissioni e l’esposizione al pubblico di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore o alla decenza, all’art. 1 istituì pene per chi fabbrichi, introduca o affigga immagini tali da offendere il pudore o la pubblica decenza, avendo riguardo ai minori degli anni 18 e alle esigenze della loro tutela morale.
La l. 6 agosto 1990, n. 223 (cd. legge Mammì), sulla disciplina del sistema radiotelevisivo, all’art. 8 comma 1 stabilì poi che la pubblicità radiofonica e televisiva non deve arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni e vietò l’inserimento di essa nei programmi di cartoni animati.
Successivamente, il d.m. del 30 novembre 1991, n. 425, all’art. 3 prescrisse che la pubblicità televisiva, al fine di non arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni, non deve esortarli direttamente o indirettamente all’acquisto di un prodotto o di un servizio, sfruttandone l’inesperienza e la credulità. La pubblicità televisiva deve astenersi anche dallo sfruttare la loro particolare fiducia nei confronti di genitori, insegnanti ed altre persone ovvero dal mostrarli, senza motivo, in situazioni pericolose.
Il d.lgs. n. 74/1992, in séguito abrogato con l’introduzione del Codice del consumo, definì comunque ingannevole la pubblicità, suscettibile di raggiungere bambini e adolescenti, che potesse, anche indirettamente, minacciarne la sicurezza o che abusasse della loro naturale credulità o mancanza di esperienza. Era, poi, ritenuto ingannevole il messaggio pubblicitario che, impiegando bambini e adolescenti, abusasse dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani[i].
Il 29 novembre 2002, il Ministero per le telecomunicazioni, sull’accordo concluso fra le Imprese televisive pubbliche e private e le emittenti televisive aderenti alle associazioni firmatarie, emanò il Codice di autoregolamentazione Tv e minori. In forza di esso imprese ed emittenti firmatarie, nella consapevolezza della ridotta capacità di giudizio e di discernimento dei più giovani, si impegnarono a controllare i contenuti della pubblicità, dei cd. “promo” dei programmi e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni idonee a ledere l’armonico sviluppo della personalità dei minori, o a costituire fonte di pericolo fisico o morale per gli stessi.
In particolare, vennero stabiliti tre diversi livelli di salvaguardia.
La protezione cd. generale si applica a tutte le fasce orarie di programmazione, durante le quali i messaggi pubblicitari non possono rappresentare i minori in atteggiamenti pericolosi o intenti al consumo di alcool, di tabacco, di sostanze stupefacenti, né descrivere in modo negativo l’astinenza o in modo positivo l’assunzione di tali prodotti, né esortare direttamente i più giovani all’acquisto, abusando della loro naturale credulità e inesperienza.
La pubblicità non deve, poi, indurre in errore sulle prerogative, sulla natura, sul prezzo, sugli accessori dei giocattoli.
Il secondo livello di protezione contemplato dal Codice di autoregolamentazione Tv e minori riguarda le fasce orarie dalle ore 7 alle 16 e dalle 19 alle 22,30, quando – si presume – il pubblico minorile davanti al televisore è più numeroso, sia pure alla presenza di un adulto. In questi orari, la protezione è rafforzata e devono essere evitate le pubblicità direttamente rivolte ai minori che possano costituire pregiudizio al loro equilibrio psichico e morale, le situazioni che possano indurli a ritenere che il mancato possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità o mancato assolvimento dei loro còmpiti da parte dei genitori, ovvero le rappresentazioni che violino norme di comportamento socialmente accettate o che screditino l’autorità, la responsabilità e i giudizi dei genitori, degli insegnanti o di altre persone, ovvero le situazioni di ambiguità tra bene e male, tali da disorientare i più giovani.
Il terzo livello prevede infine una protezione specifica, che si applica nella fascia oraria di programmazione tra le ore 16 e le 19, quando si paventa che il minore possa trovarsi da solo davanti allo schermo, nonché all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minorenni. In questo orario, i messaggi pubblicitari devono essere preceduti, seguìti e caratterizzati da elementi che facciano chiaramente percepire, anche da parte di bambini che non sappiano ancora leggere o di minori disabili, la discontinuità rispetto alla trasmissione in cui sono inseriti. In questo contesto non possono essere diffusi annunci pubblicitari di bevande alcoliche o superalcoliche, di servizi telefonici a valore aggiunto a carattere di intrattenimento, di profilattici e contraccettivi (fatta eccezione per le campagne sociali).
Con l’art. 10 comma 3 della l. 3 maggio 2004, n. 112 (cd. Legge Gasparri), veniva vietato tout court l’impiego di minori degli anni quattordici nei messaggi pubblicitari radiotelevisivi. Poiché il divieto riguardava soltanto la radio e la televisione, i minori continuavano ad essere utilizzati per i messaggi stampa e per le affissioni. Un’altra contraddizione della norma consisteva nel fatto che, mentre l’utilizzo di minori degli anni quattordici era consentito in programmi radiotelevisivi, l’impiego di bambini era invece vietatoassolutamentenelle pubblicità, dove comunque la presenza è molto più breve e certamente meno invasiva rispetto, ad es., a quella necessaria per registrare le puntate di una sit-comedy. Il divieto venne, quindi, abrogato con la l. 6 febbraio 2006, n. 37 (art. 1 comma 1 lett. c), legge che, al di là dell’impiego dei minori in pubblicità, vietò (art. 1 comma 1 lett. b)ogni forma di comunicazione pubblicitaria avente come oggetto bevande contenenti alcool sia all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, sia nelle interruzioni pubblicitarie immediatamente precedenti e successive[ii].
Il Codice del consumo, nella sua versione modificata dal d.lgs. n. 146/2007, nell’esaminare le pratiche commerciali ingannevoli, sancisce che è considerata scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza, mentre il d.lgs. n. 145/2007 definisce ingannevole la pubblicità che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini e adolescenti, abusa della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed adolescenti in messaggi pubblicitari, abusa dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani, ovvero, possa, anche indirettamente, minacciare la sicurezza di bambini ed adolescenti.
Anche il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale approvato dal Consiglio Direttivo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria si occupa di pubblicità e minori e lo fa attraverso gli artt. 11 e 28 bis. Le disposizioni in materia erano presenti già nella prima edizione del Codice che, nel 1966, all’art. 6 prescriveva una cura particolare nella creazione dei messaggi rivolti ai bambini, nell’illustrazione e nei testi che potessero danneggiarli psichicamente, moralmente o fisicamente o fossero idonei ad abusare della loro naturale credibilità. Nel 2008 l’art. 6 è stato modificato, pur mantenendo gli stessi obiettivi di tutela, e, nella stessa ottica, l’attuale art. 11 ribadisce che una cura particolare deve essere posta nei messaggi rivolti ai bambini e agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. I messaggi, in particolare, non devono essere di contenuto capace di danneggiare i più giovani psichicamente, moralmente o fisicamente e non devono abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o del loro senso di lealtà. L’art. 11 prosegue con alcune prescrizioni particolari: l’annuncio pubblicitario rivolto a bambini ed adolescenti non deve indurli a violare norme di comportamento sociale generalmente accettate; a compiere azioni o esporsi a situazioni pericolose; a ritenere che il mancato possesso del prodotto oggetto della comunicazione significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento dei loro còmpiti da parte dei genitori; a sminuire il ruolo dei genitori e di altri educatori nel fornire valide indicazioni dietetiche; ad adottare l’abitudine a comportamenti alimentari non equilibrati, o trascurare l’esigenza di seguire uno stile di vita sano; a sollecitare altre persone all’acquisto del prodotto oggetto della comunicazione.
Il Codice di Autodisciplina stabilisce altresì che l’impiego di bambini e adolescenti nella comunicazione deve evitare ogni abuso dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani.
L’art. 28 bis del Codice, poi, è dedicato espressamente ai giocattoli, ai giochi e ai prodotti educativi per i bambini, la cui comunicazione non deve indurre in errore sulla natura e sulle prestazioni e dimensioni del prodotto oggetto della comunicazione commerciale, sul grado di abilità necessario per utilizzare il prodotto, nonché sull’entità della spesa, specie quando il funzionamento del prodotto comporti l’acquisto di prodotti complementari. In ogni caso, la comunicazione riguardante i giocattoli non deve minimizzare il prezzo del prodotto o far credere che il suo acquisto sia normalmente compatibile con qualsiasi bilancio familiare[iii].
Nonostante le prescrizioni, nel periodo attuale, alla luce della importanza assunta dalla pubblicità nel sistema radiotelevisivo e soprattutto nei social media, si può affermare con certezza che le norme previste per la regolamentazione dei messaggi pubblicitari rivolti ai minori non siano sufficienti ad assicurare loro la doverosa tutela; infatti, è necessario che i bambini vengano istruiti negli ambienti di riferimento (es. scuola, famiglia) sulle modalità di lettura e di interpretazione dei messaggi pubblicitari.
All’uopo, la Media Education[iv], in qualità di associazione finalizzata a sviluppare nei giovani un’informazione e comprensione critica circa la natura e le categorie dei media, ha individuato alcuni suggerimenti utili per il genitore:
– Contenere i tempi di esposizione. Il bambino dovrebbe ricevere stimoli diversi dagli schermi, pertanto è opportuno cercare di limitare tempi e luoghi di utilizzo. Prima dei tre anni, oltre a limitare al massimo l’uso della TV e di altri dispositivi, è utile scegliere contenuti e canali privi di pubblicità.
– Non lasciare da solo il bambino. È auspicabile che l’adulto accompagni sempre attivamente la visione delle pubblicità: ad esempio, fin da quando il bambino riesce a verbalizzare, si può stimolare la riflessione sulle differenze tra gli spot e gli altri programmi. Si può anche cercare, gradualmente, di spiegare quali sono le finalità della pubblicità, come essa aumenti i costi dei prodotti e ne enfatizzi alcune caratteristiche trascurandone altre.
– Giocare con la pubblicità. Il genitore può invitare il bambino a scegliere una singola pubblicità e a cercare di “leggere” la sua strategia narrativa, osservandola insieme attentamente, per capire come mai piace, quali sono i personaggi presenti, quale la musica e quali i colori. A seguire, si potrebbe chiedere al piccolo cosa si aspetta dal prodotto e, se si ritiene utile, procedere all’acquisto; successivamente, si cercherà di capire insieme quali dettagli rispecchiano le aspettative e quali invece le tradiscono.
– Creare una pubblicità. Rendere il bambino protagonista attivo è una strategia utile anche di fronte alle pubblicità: ad esempio, il genitore può suggerire al figlio di inventare una pubblicità per un oggetto che è già presente in casa, identificando quali sono le caratteristiche da mettere in luce e quali quelle da nascondere; realizzando disegni, foto, video e sperimentando in modo creativo e critico[v].
FONTI NORMATIVE:
– Art. 14 l. 8 febbraio 1948, n. 47, Disposizioni sulla stampa;
– art. 1 l. 12 dicembre 1960, n. 1591, Disposizioni concernenti l’affissione e l’esposizione al pubblico di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore o alla decenza;
– l. 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato;
– d.m. 30 novembre 1991, n. 425, Regolamento concernente attuazione degli articoli 13, 15 e 16 della direttiva del Consiglio delle Comunità europee del 3 ottobre 1989 (89/552/CEE), relativi alla pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco e delle bevande alcooliche ed alla tutela dei minorenni;
– Codice di autoregolamentazione Tv e minori, emanato il 29 novembre 2002;
– l. 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione;
– d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico della radiotelevisione;
– d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo;
– d.m. 27 aprile 2006, n. 218, Regolamento recante disciplina dell’impiego di minori di anni quattordici in programmi televisivi;
– d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145, Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole;
– Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:
– https://www.uppa.it/bambini-e-pubblicita/#I-rischi-dellesposizione-precoce-alla-pubblicita;
– https://www.studiolegalemalagoli.it/articoli/pubbl_e_bambini.pdf;
– https://www.medmediaeducation.it/.
[i] L’excursus normativo ricalca quanto può leggersi in https://studiolegalemalagoli.it/articoli/pubbl_e_bambini.pdf.
[ii] La ricostruzione operata nel testo si rifà a quanto esposto in https://www.uppa.it/bambini-e-pubblicita/#I-rischi-dellesposizione-precoce-alla-pubblicita.
[iii] Cfr. https://www.studiolegalemalagoli.it/articoli/pubbl_e_bambini.pdf.
[iv] La Media Education(ME) è un’attività educativa e didattica, finalizzata a sviluppare nei giovani una informazione e comprensione critica circa la natura e le categorie dei media, le tecniche da loro impiegate per costruire messaggi e produrre senso, i generi e i linguaggi specifici. Del ME fanno parte tante persone: insegnanti, educatori, professionisti dei media, media educator, genitori e tutti coloro che sono interessati all’educazione ai media. Il Consiglio direttivo è composto da: Gianna Cappello, Maria Ranieri, Luciano di Mele, Mussi Bollini, Angela Castelli, Paola Macaluso.
[v] Cfr. https://www.medmediaeducation.it/