E rimango qui, immobile, attaccata alla cornice dell’ingresso, folgorata dalla presenza della perfezione assoluta lì, al centro, sola, perché da sola riempie la sala, perché qualunque altro oggetto sparirebbe al suo confronto, perché nulla le è paragonabile.
Il suo profilo è divino, privo di difetti, tesa in avanti, regale, sembra stia ascoltando parole antichissime.
D’altra parte ha più di tremila anni, il suo splendore intatto ha superato i millenni insieme al suo nome, Nefertiti, la Bella, «Gradevole a vedersi, bella come le Due Piume, signora di gioia, dispensatrice di grazia, che dona felicità a chi ode la sua voce.» recita la stele dedicata al consorte. Se esiste l’immortalità lei la rappresenta.
“Madam, madam, pardon” leggere le parole mi scivolano addosso persa nella meraviglia “please go away” ma niente, non sento o meglio non ascolto fino a che non arriva un “ahò, te voi leva’?”, le vocali chiare, il suono familiare, mi giro, la fila, ho creato una fila perché, come sempre, nei musei mi comporto come fossero miei, mi allargo occupando tutto lo spazio disponibile, impedendo agli altri di godere di tanta bellezza e nella testa, la mia, molto meno bella e regale e sicuramente tanto più effimera parte un poco opportuno “il mio tesssooorrroooo” mentre mi si fessurano gli occhi…