EGITTO, DA ALESSANDRO MAGNO A NAPOLEONE: UNA MINIERA DI NUOVE PIANTE PER L’EUROPA di Angelico Bonuccelli

by Lilibeth

Se avrete l’occasione di sorvolare l’Egitto potrete vedere, affacciati al finestrino dell’aereo, una lunga striscia di terreno verde che si snoda tra le gialle sabbie del deserto. Questa striscia verde è la valle del Nilo, e il Re dei fiumi la attraversa dalla sua sorgente fino alla foce nel Mar Mediterraneo rendendola fertile.

Il Dio Fiume, come lo consideravano gli antichi, vince il deserto e porta floridità e benessere ai popoli che vivono lungo le sue rive. E in ossequio ad esso, ai tempi dei Faraoni, gli Egizi avevano assunto ad emblema dei loro regni due delle piante che, spontanee, vivono lungo il suo corso. Il papiro era il simbolo del Basso Regno (quello più prossimo alla foce), mentre il loto rappresentava l’Alto Regno.

La storia dell’Egitto è sempre stata legata alle piante che crescevano lungo le fertili rive del fiume e da queste dipendeva la vita e la sopravvivenza delle popolazioni, piante che, se non sempre autoctone di queste zone, furono qui per la prima volta oggetto di una coltivazione progredita, che permise la selezione tra le specie, dando origine ad una agricoltura già per quei tempi illuminata e guidata da grandi sapienti.

La valle del Nilo appartiene a quell’area geografica definita, per la sua forma, la mezzaluna fertile,che si estende dalla valle del Tigri ed Eufrate, in Mesopotamia, fino all’interno dell’Egitto, sfiorando le sponde del Mediterraneo, nelle terre che oggi appartengono allo stato di Israele ed al Libano. È in questa fascia di terreno, certamente benedetta dalla natura per il suo clima e la sua fertilità, che si trova già dall’antichità la maggior parte delle piante che adesso noi utilizziamo per l’alimentazione, l’industria e l’ornamento.

Migrando a ritroso verso Nord e quindi verso Ovest, le nuove specie di piante arrivano dalla Mesopotamia, paradiso dell’Eden, fin nella valle del Nilo, e qui il popolo dei Faraoni ne inizia la selezione e la coltivazione con tecniche che oggi possiamo considerare come già industriali.

Decine di specie seguono, trasportate dall’uomo ma anche dal vento e dagli animali, migliaia di anni fa, questo percorso. I cereali, i legumi, e pure il ricino, l’aglio, il papavero (da oppio) sono alcune di queste; dell’elenco fanno parte anche alberi quali il fico sicomoro (da non confondere con il termine con cui gli americani oggi identificano il platano) e le acacie e la stessa palma da dattero.

È con Alessandro Magno che l’Europa, o meglio le regioni mediterranee dell’Europa, iniziano a conosce, e quindi ad apprezzare e poi a coltivare le molte piante che nella terra dei Faraoni già da millenni sfamavano le popolazioni. Grazie alla “pazza” spedizione del Macedone vengono conosciute e poi trasferite in Grecia e da qui nella Magna Grecia e poi ancora più a Ovest, diverse piante utili per l’alimentazione umana, per il vestiario, per le cure ed ornamenti.

Un caso emblematico di come, anche migliaia di anni fa, esistessero viaggiatori e scambi di prodotti agricoli è fornito dalla canna da zucchero. Questa specie, che nell’immaginario collettivo si colloca, come origine, nelle isole Caraibiche ove era, ed è, attivamente coltivata (serve anche per fare il Rum), è invece originaria dell’Asia orientale e più probabilmente delle isole del Pacifico (attuale Nuova Guinea). La canna da zucchero è approdata in Egitto dopo un lungo percorso attraverso, prima l’India, e quindi la Mesopotamia. Con la spedizione di Alessandro Magno (il Macedone) questa specie viene “scoperta” e poi fatta conoscere anche ai popoli mediterranei, in particolare quelli della sponda africana, ma anche, molti anni dopo, nelle aree più a sud della Spagna. La migrazione della canna fino alle isole dei Caraibi fu dovuta, migliaia di anni dopo, a Cristoforo Colombo, il quale, nella sua seconda spedizione verso il Nuovo Mondo, ne portò alcuni rizomi che, trovando nel Centroamerica le condizioni di sviluppo più favorevoli, si diffusero facilmente permettendo la nascita di un grande business per i primi conquistatori, i quali non esitarono poi a sfruttare schiavi e popolazioni indigene per la coltivazione della canna.

Tornando alle vicende dell’Egitto, saranno poi i Romani che, circa duemila anni fa, vincendo ed annientando la dinastia tolemaica  (ricordate Cleopatra?), iniziarono a governare sull’Egitto ed a beneficiare di tutti i frutti che questo misterioso paese conservava lungo il corso del suo sacro Fiume. I Romani non si limitarono ad importare in Italia ed in tutto il loro Impero le specie più interessanti, ma costrinsero anche il popolo egiziano a coltivare per loro conto cereali che venivano regolarmente inviati a Roma con convogli navali per soddisfare la fame di pane (diverso da quello attuale) dei cittadini dell’Impero.

La storia del pane è interessante, ed anch’essa affonda le radici nella civiltà egizia.

In un primo tempo il “pane” era costituito da una specie di focaccia non lievitata, cotta su pietre riscaldate al fuoco. Non doveva essere molto appetitosa, ed era certamente “dura” come consistenza. Secondo le leggende, fu una serva egizia distratta che, mescolando la farina con la birra (già conosciuta nell’antichità) anziché con l’acqua, ottenne un impasto diverso dal solito. Tale impasto iniziò, misteriosamente, ad “gonfiarsi” lievitando. Una volta cotto, risultò una pagnotta di pane molto più morbido e saporito delle focacce cui si era abituati. Il lievito che si usa ancor oggi per produrre il pane porta il nome di “lievito di birra”, ed è formato da un micete (fungo) saccaromicete, il saccharomyces cerevisiae,in grado di digerire (spezzettare) le catene dell’amido dando luogo a sviluppo di gas che consentono all’impasto di “gonfiarsi” e di diventare morbido, mantenendosi tale anche dopo la cottura.

Il commercio, attuato prima dai Fenici e nel medioevo dagli Arabi, amplifica ancor più gli scambi colturali e di prodotti agricoli con le città che si affacciano sulla sponda Nord del Mediterraneo, ed infine l’infelice e sfortunata spedizione di Napoleone, iniziata degli ultimi anni del settecento permise, grazie all’invio, assieme alle truppe, di un nutrito gruppo di savant, tra cui botanici e naturalisti, di conoscere, con un approccio scientifico e moderno, i segreti della flora dell’Egitto.

Pensando all’Egitto ed alle sue piante la prima immagine che si forma nella nostra mente è il papiro, una specie di canna (o di giunco) che cresce spontanea nel delta del Fiume (ed invero anche lungo il fiume Giane in Sicilia). È grazie al papiro che la scrittura si libera dai supporti di pietra o della terracotta. E i documenti scritti su fogli di carta di papiro possono essere facilmente trasportati e conservati negli scaffali delle biblioteche.

La fabbricazione della carta di papiro, a partire dalla pianta, è un processo assai lungo che vede la necessità di lavorare i fusti entro poche ore dalla raccolta, sbucciarli della corteccia verde esterna e quindi tagliare il midollo a strisce lunghe circa due palmi. Le strisce di midollo sono poi stese affiancate, a formare un primo piano del foglio cui si soprappongono ortogonalmente altre strisce (lo stesso procedimento che noi usiamo per il compensato). I due strati inumiditi con acqua (ovviamente del Nilo) erano pressati ed essiccati fino ad ottenere un foglio consistente. Con colla di farina i fogli erano uniti tra di loro fino a formare i lunghi rotoli che oggi noi conosciamo. La civiltà egizia raccoglie gli scritti da tutto il mondo conosciuto, e ad Alessandria d’Egitto nasce la prima Grande Biblioteca, in cui erano conservati migliaia di rotoli di papiro, che racchiudevano tutta la saggezza di questo e degli altri antichi popoli. Rotoli per la maggior parte andati distrutti, assieme alla Biblioteca e secondo la communis opinio, da un incendio durante l’invasione ad opera di Giulio Cesare, nel 48 a.C.

Ma se il papiro era la pianta sacra oggi più conosciuta, certamente le più interessanti per la popolazione di allora ed anche per noi oggi, sono quelle necessarie per l’alimentazione.

Quando in Europa, ed anche in Italia la civiltà era ferma alla pastorizia ed a rudimentale agricoltura, in Egitto già si coltivavano cereali, in particolare l’orzo ed una specie di grano (simile al farro), destinati all’alimentazione del popolo. La Sacre Scritture ci tramandano infatti l’esistenza e l’importanza dei granai imperiali in cui il Faraone conservava, per i periodi di “vacche magre”, i prodotti della terra.

Le rappresentazioni funerarie, uniche vestigia sostanzialmente intatte che sono giunte fino ai giorni nostri, ci mostrano una agricoltura già sviluppata, che comprendeva, oltre ai cereali, i legumi (utili nella dieta perché ricchi di proteine vegetali), alcuni tipi di radicchio e l’aglio, già allora utilizzato non solo per insaporire le pietanze, ma anche per allontanare dalle coltivazioni gli insetti parassiti.

Tra gli alberi importante fu il sicomoro (specie non coltivata in Europa), da cui di ricava un piccolo frutto dolce simile al fico ed il cui sacro legno era destinato alla costruzione dei sarcofagi.

Se l’Egitto ha contribuito in modo determinante a sviluppare, migliorare e trasferire a noi molte delle piante alimentari che ancor oggi soddisfano le necessità umane, ha anche fatto conoscere ai barbari popoli delle coste del Nord del Mediterraneo le fibre vegetali con cui confezionare abiti, tessuti, tende ecc.

Come infatti accadde per le specie alimentari, anche il lino ed il cotone transitarono dall’Egitto, provenienti probabilmente dall’India, per essere poi “imbarcate” per le coste europee. Pure in questo caso fu l’esercito di Alessandro Magno che conobbe per la prima volta i tessuti di lino, pianta coltivata nell’antico Egitto già da 6-8.000 anni e dalla quale ricavavano i paramenti preziosi destinati solitamente ai nobili, notabili ed per avvolgere le mummie nel loro sarcofago.

Meno pregiato, ma più utilizzato del lino era, ed è, il cotone.

Il temine botanico del cotone gossypium deriva appunto dal nome con cui lo chiamavano le popolazioni egiziane: gossypion. La pianta del cotone ha seguìto il percorso della canna da zucchero e di altre specie vegetali. Originario dell’India, ha migrato lungo la Mesopotamia per giungere poi nella valle del Nilo, ove ha trovato ottime condizioni pedoclimatiche per il suo sviluppo e dove fu coltivato e oggetto di selezione al fine di ottenere un prodotto sempre migliore. Anche in questo caso gli eserciti macedoni furono i primi europei a conoscere tale fibra, mentre furono i Romani che ne valorizzarono la produzione e l’importazione in Europa, diffondendolo nel bacino del Mediterraneo fino alle regioni più meridionali della penisola Iberica.

Ma quali sono state le ragioni per cui in Egitto un’agricoltura progredita si diffuse già millenni prima di Cristo e le produzioni ricavate erano, di norma, abbondanti e sufficienti a sfamare la popolazione?

Due furono le condizioni che permisero questo sviluppo.

In primo luogo, fu il Dio Nilo che con le sue acque e le sue piene provvide fece sì che piante e frutti crescessero e producessero abbondantemente sulle sabbie del deserto. Il Nilo ha le sue sorgenti (Nilo Bianco e Nilo Azzurro) nell’area equatoriale, caratterizzata da abbondanti piogge durante il periodo estivo. Queste piogge causavano (e causano tuttora) un grande aumento nella portata del fiume che, giunto nella parte più pianeggiante rompe gli argini inondano le terre vicine. E, con le inondazioni il Nilo depositava sulle sabbie desertiche strati di fertile limo composto in buona parte da sostanza organica (humus), ma anche ricco di elementi fertilizzanti quali le fosforiti (minerali ricchi di fosforo) strappate alle rocce durante la discesa dell’acqua a valle.

In secondo luogo, i Faraoni egizi presero a circondarsi di sapienti quali astronomi, guaritori, farmaceutici ed anche da agronomi (o dai loro precursori), che già allora avevano redatto manuali per la giusta coltivazione delle varie specie, indicando quando seminare, anche in relazione alle fasi lunari, come irrigare, quando raccogliere. Nozioni che nella maggior parte furono poi raccolte durante le varie dominazioni ed invasioni, sì che questo antico sapere si diffuse in tutte le regioni dell’Europa mediterranea.

Per oltre duemila anni ad iniziare dal periodo di Alessandro Magno, per proseguire poi con l’Impero romano, a seguire con i commercianti prima Fenici e poi Arabi, e per terminare quindi con la spedizione di Napoleone, dalla Terra d’Egitto molto abbiamo attinto per la nostra alimentazione (cereali, legumi, ortaggi, zucchero, frutta), per vestirci (lino, cotone), per curarci (menta, aglio, papavero, mirto), per ornare case e giardini (alberi, anemoni, alcune varietà di rose, ninfee).

È quindi d’obbligo un ringraziamento alla Terra d’Egitto ed a quanti, nel passato anche lontano, si sono adoperati per farci conoscere i beni preziosi che essa custodiva, permettendo la loro diffusione prima in Europa e quindi in tutto il mondo.

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