Un giorno, al chiuso, il pedagogo fiacco
m’impose la sciattezza d’un commento
alternato alla presa di tabacco.
Mi rammento la classe, mi rammento
la scolaresca muta che si tedia
al postillare lento, sonnolento…
Rivedo sobbalzare sulla sedia
il buon maestro per uno scolare
che s’addormiva su di te, commedia!
Attenti! Attenti! – Ah! più dolce sognare
con la gota premuta al frontespizio,
l’occhio rivolto alle finestre chiare!
Ad ora ad ora un alito propizio
ci portava un profumo di ginestre
sul commento retorico, fittizio.
La Primavera, l’esule campestre
sorrideva alla gran pace scolastica
pel vano azzurro delle due finestre.
Io fissavo gli attrezzi di ginnastica,
gli olmi gemmati, l’infinito azzurro
in non so che perplessità fantastica.
E tendevo l’orecchio ad un sussurro,
ad un garrito di sperdute gaie,
in alto roteànti, nell’azzurro;
guizzavano da presso l’operaie
affaccendate in paglie,
in creta, in piume,
riattando le case alle grondaie.
Lo sguardo abbarbagliato da quel lume,
chiudevo gli occhi, mi piegavo stracco,
ripremevo la gota sul volume.
E riudivo il pedagogo fiacco
alternare al commento d’ogni verso
la consueta presa di tabacco …
Ah! Non al chiuso, ma nel cielo terso,
nel fiato nuovo dell’antica madre,
nella serenità dell’Universo,
nell’Infinito mi parlavi, o Padre!
(Guido Gozzano, poesie sperse, 21)