Tutto quell’horror vacui, tutto quell’affastellamento di colori, figure, materiali, stucchi, gessi, insomma tutto quel tanto di ogni cosa mi mette l’ansia, mi schiaccia… Ah, già, anche il Merisi è considerato Barocco: tutta quella luce perfettamente incentrata sulla scena, tutti quei personaggi reali, vividi, tutta quella sfacciata bellezza plebea, piena rotonda, affaticata, sudata, patita.
Io amo il Merisi, lo amo talmente tanto da averlo inseguito a Napoli, a Siracusa persino a Malta, per poter vedere ogni sua opera, per rimane estasiata davanti all’uso magistrale del colore.
Ma l’opera preferita rimane sempre lei, l’assoluta Madonna di Loreto… Lo so, ha un alias, tutti la chiamano Madonna dei Pellegrini per la sua collocazione in un luogo di passaggio, la meno barocca basilica di Sant’Agostino.
Che poi meno barocca è un parolone, con quell’altare progettato dal più barocco di tutti, Gian Lorenzo Bernini; certo poi c’è Raffaello che riporta al Rinascimento; anche il Sansovino e la sua amatissima Madonna del Parto, Rinascimento puro, che però per tradizione romana secolare diviene Barocco, con tutti gli ex voto che spesso la ornano.
Ma Sant’Agostino è uno scrigno ricolmo di opere stupefacenti, uno scrigno talmente pieno che non ammette il vuoto, un intreccio inestricabile tra sacro e profano: la chiesa delle meretrici di alto bordo, l’unico luogo ove potevano essere sepolte accanto ai santi, con banchi dai quali potevano seguire il rito. Che poi meretrici: ma che termine insulso come tutti i suoi sinonimi!
Sant’Agostino, incredibile ed armonico miscuglio che contiene elementi apparentemente inconciliabili, se non è Barocco questo, cos’altro lo è?
Ah, dimenticavo! Non amo il Barocco: non serve: è l’essenza stessa della vita! Ed io sono barocca!